Una passeggiata tra laghi e boschi
in compagnia di una guida preziosa,
simbolo della salvaguardia dei luoghi,
raccontata da un’affezionata estimatrice
della natura di questi luoghi

 

 

 

Guardaparco al lavoro
nell’Adamello-Brenta
(foto n. 2: Daniele Pellegrino;
n. 1, 3, 4, 5: archivio Parco
Naturale Adamello Brenta)

 

 

 

 

 

Lago di Cornisello
(foto Daniele Pellegrino)

 

AI LAGHI DI CORNISELLO

DOBBIAMO MOLTO
AI GUARDAPARCO

di Manuela Stefani

 

Il sole splende in Val Rendena, facendo dono alla bellezza di un puro splendore. Muti e grandiosi, i due baluardi naturali che la sovrastano, Presanella-Adamello e Dolomiti
del Brenta, si rivestono di luce e di un fascino fiabesco da giganteschi castelli di roccia. Il verde profondo dei boschi si accende di riflessi dorati e si illuminano gli specchi dei mille e un lago tinti di ogni tono d’azzurro. Continuano a
risuonare d’acqua che romba, scroscia o alternativamente gorgoglia, le valli più o meno note che si diramano a lisca di pesce dalla principale: la selvaggia Nambrone, l’isolata Borzago, la rinomata Genova, la solitaria Val di Fumo, mentre nelle strade e nei vicoli dei paesi, si riversano grappoli di locali e turisti. Per niente al mondo rinuncerebbero allo spettacolo di un cielo cobalto sopra la testa e al piacevole tepore che scalda loro la pelle e le ossa. Roccaforte del turismo invernale ed estivo, grazie alle
sue “capitali”, Madonna di Campiglio e Pinzolo, e grazie a villaggi meno mondani ma certamente più suggestivi, affollata estate e inverno, amata dagli sciatori e dagli
escursionisti, frequentata dagli italiani e dagli stranieri, la Val Rendena è certo un luogo al quale la natura molto ha concesso.
Una bellezza che va difesa. A tutela di un patrimonio di così grande valore, la Val Rendena ha usufruito dell’inserimento in quello che è il più grande parco naturale del Trentino, il parco naturale Adamello Brenta: 620 chilometri quadrati protetti e sorvegliati da un piccolo esercito di amici del territorio e della natura, i guardaparco.
Poco più di una decina, a contarli tutti: non molti, considerata la vastità dell’area sulla quale devono
vigilare e la presenza umana, residente e turistica.
Michele Zeni, 26 anni, è uno dei più giovani. Ha scelto questo mestiere a 13 anni perché suo padre lo faceva e gli insegnava fin d’allora ad amare le montagne e il luogo in cui viveva. È lui ad accompagnarci in gita. Siamo diretti ai laghi di Cornisello, due piccoli bacini comunicanti, in cima alla Val Nambrone.
È una fortuna averlo con noi: Michele è un compagno piacevole e una miniera di informazioni.
“La vegetazione è varia: salici, betulle, sorbi, maggiociondoli e sambuchi precedono i larici, da sempre ricchezza di queste valli. In alto, ci sono gli abeti. Qui assumono la tipica forma colonnare: i lunghi inverni, il freddo intenso e il sovraccarico di neve fa sì che i rami
più lunghi si spezzino. A questo la natura ha posto rimedio”. Cuscini di rododendri fioriti in estate fanno
avvampare i versanti, ingombri, in alta Val Nambrone di panettoni di roccia insolitamente lisca e tondeggiante:
“Si chiamano rocce montonate, – dice ancora Michele.
– Sono i ghiacciai ad averle erose e completamente smussate.
D’autunno, quando il caldo se ne va assieme a molti turisti, tra queste rocce può capitare di avvistare il gallo cedrone, il più raro forcello e il francolino di monte. Le giornate
sono limpide dal mattino alla sera, le montagne tacciono e gli animali diventano più visibili. I voli dell’aquila reale rigano il cielo. I caprioli cambiano colore del pelo: rossiccio d’estate, sfuma di bruno e si allunga in autunno. Così fanno anche i camosci, che scuriscono con l’arrivo del freddo”.
Manipoli di volontari e operai sono al lavoro per la manutenzione deisentieri e dei pascoli. Dai prati vanno
tolti i cardi, mentre i sentieri vanno tenuti puliti: “I versanti tendono all’instabilità e possono diventare pericolosi. Per questo vanno smossi i sassi, contenute le piante a crescita esuberante e protette le zone a rischio di frana con le reti,” ci informa la nostra guida.
L’acqua è abbondante in Val Nambrone, contrariamente alla più arida Val Brenta. “È grazie all’impermeabilità
delle rocce che si crea molta acqua superficiale: i ghiacciai, infatti, si sciolgono e formano laghi e torrenti che non riescono a infiltrarsi nel sottosuolo come avviene invece nelle Dolomiti”, dice ancora Michele.
Si cammina bene in Val Nambrone: la passeggiata non è impegnativa, la spettacolarità dei luoghi riempie gli occhi e l’anima e la compagnia di un guardaparco coltiva la mente: così piacevolmente, arriviamo ai laghi di Cornisello.
L’acqua è gelida e opaca per la vicinanza dei ghiacciai e per il conseguente trasporto di materiale sedimentario. “Qui vive il salmerino alpino, un endemismo adattato a
vivere in questo clima, proibitivo per buona parte delle specie ittiche, – spiega il giovane Zeni. – Purtroppo, in anni precedenti il controllo del Parco, sono state introdotte in queste acque le trotei ridee, di provenienza nordamericana,
apprezzate dai pescatori sportivi, hanno però creato problemi ai più fragili salmerini creando qualche squilibrio all’ecosistema”. La via del ritorno scorre rapida più
dell’andata: scendendo, ci sforziamo di fissare nel nostro sguardo e nella memoria frammenti del miracolo di perfezione che la natura ha compiuto in questo angolo
di pianeta, non lontano da casa nostra. Si manterrà intatto così che le generazioni future possano goderne come noi oggi? Per questo il giovane Zeni e gli altri come lui stanno facendo del loro meglio.


Sentiamo di dovere loro molto.

 

Manuela Stefani, caposervizio del mensile “Airone”, giornalista e scrittore, ha recentemente pubblicato per Mondadori il romanzo La casa degli ulivi.

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